Per la verità sono in panne perchè sto facendo i conti con Hemingway, sì proprio con lui, l’osannato Ernest. Insomma il fatto che lui sia passato ed abbia scritto del sangue che è scorso in terra e in mare, scusandosi quasi di questo, facendoci capire che lui non c’entra e via dicendo non mi convince.
Ho proprio riletto ieri sera un racconto di caccia in Africa quando descrive con minuzia di particolari l’uccisione di un grosso leone. Beh il fatto che abbiano sparato in più di uno e che discutano chi sia stato veramente ad ucciderlo e la descrizione che il leone abbia saltato come una lepre quando il colpo di un’arma di grosso calibra gli ha trafitto i polmoni e il cuore, beh insomma mi fermo qui.

E tutta la tiritera sulle corride in Spagna, l’analisi scientifica dei tori da corrida e quelli che invece sono buoni solo per lavoro o per la carne prelibata. Fiesta gira intorno a questo. E’ vero si da conto che nella comitiva c’è chi dopo una corrida non vuole vederne altre. Ma Ernest è saldamente convinto che quella è la tragedia della vita dove anche l’uomo può soccombere. E quindi giù a descrivere i diversi sistemi dei matador nell’uccidere il toro, il lavoro dei picadores e l’utilizzo di cavalli destinati a morire acquistati per 5 dollari in America.
Oggi siamo meno disposti ad accettare tutto questo anche se in Spagna continuano a pensarla ancora come Hemingway. Ma ormai è cambiata la sensibilità. Uccidere per divertimento degli spettatori rimanda al Colosseo dove i cristiani venivano mandati al macello o i gladiatori combattevano e solo uno ne usciva vivo.
Insomma non dico che l’uomo non abbia caratteristiche ferine in certe situazioni, ma si tratta di personalità con un bisogno d’affermarsi e un ego smisurato. E’ sufficiente pensare ai ricchi americani e non solo che non sanno come passare la giornata e si annoiano e organizzano safari in Africa, tutt’oggi dico, per uccidere elefanti, leoni e tutto quanto gli si pari davanti.
E allora mi resta la domanda: che c’entrava Ernest con questo mondo. Sì certo anche lui aveva una doppia personalità, un soggetto bipolare che passava da momenti di superesaltazione a lunghe fasi depressive.
La caccia è un antidepressivo? Chiedo aiuto agli specialisti. Certo Hemingway descrive bene i luoghi dell’Africa, le diverse fasi degli appostamenti e i racconti della sera dopo non essere riuscito ad abbattere nemmeno un kudu. Sì racconti, potrebbe essere che era continuamente alla ricerca spasmodica di fatti da raccontare, fatti che nella vita reale, lui abituato alle zone di guerra, cominciavano a scarseggiare. Allora ecco la guerra tra uomo e animale raccontata con dovizia di particolari, una guerra squilibrata dove l’animale difficilmente ne esce vivo.