La Luna e il Tevere

Dialogo di fine anno

“Tu lo sai che ormai sei alla frutta, sei arrivata piena alla fine del 2021 e tutti siamo in attesa della tua nuova veste, quella del 2022” disse il Tevere.

“Beh perché pensi che non me lo possa permettere?” rispose piccata la Luna.

“Ma no, quanto sei suscettibile. E’ che non so, a me pare che sono sempre lo stesso, che non mi cambi mai e che quando ti specchi in me non sia all’altezza, ti volevo dire solo questo”.

“Tu caro fiume romano porti via ogni schifezza umana, scorri sempre, hai un’anima nobile ma hai un aspetto che, te lo devo dire, non depone a tuo favore: sembri malato di itterizia”.

“Cara Luna tu non hai gli umani e te pare poco? Quaggiù non faccio in tempo a dare una sistemata che mi scaricano altri rifiuti di ogni genere. I pesci si lamentano, non ce la fanno più a respirare. Era meglio al tempo dei lupacchiotti, almeno era tutta roba genuina, frutti naturali diciamo così.”

“Perché cosa porti via di tanto brutto?” fece la Luna.

“Beh guarda. Ultimamente arrivano un fottio di virus e poi non ti dico: scarichi di ogni tipo. Non so quanto potrò resistere. Stai attenta che si vocifera che gli umani vogliono venire a trovarti perché dopo aver distrutto il Pianeta gliene serve qualche altro da colonizzare”.

“Ci mancherebbe pure questo – fece la Luna. Questo è il ringraziamento per aver fatto da Musa ai maggiori poeti che non trovavano ispirazione sulla Terra. Ma guarda che qui non c’è trippa per gatti. Quassù gli umani non respirano. Saltellano e non c’è da mangiare.”

“Guarda – rispose il fiume – che vogliono portarsi l’ossigeno e il pranzo al sacco. Ti vogliono scavare e portare via a tocchi. E ti posso garantire che non puliscono. L’universo è pieno di residui. Insomma sò zozzoni. Lascia stare gli scienziati:quelli sono bravi, si portano la scopa e lasciano pulito. Ma fai arrivare lassù i turisti e vedrai che ti succede. A me hanno levato la voglia di agghindarmi da un pezzo”.

“Allora avvertimi se hai notizia di qualche spedizione a breve: così mi preparo. Sai non sono abituata ad avere visite. L’ultima volta si sono fermati pochissimo. Non me ne sono accorta”.

“Beh certo che ti avverto. Qui con i social si sa tutto. Soprattutto frescacce, ma qualcosa di vero ogni tanto trapela. Ciao bella. E continua a specchiarti che mi piaci”.

“Ciao a te Tiber, magari avessi potuto vederti scorrere tra i miei crateri. Sai che botta di vita. Invece solo un inutile e fastidioso pulviscolo finissimo. Mi farò nuova e bella per te stai tranquillo. Buona fine e buon inizio” rispose la splendida Luna. 

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Nel giorno di Maradona

Il Napoli incanta

Nel giorno del “Pibe de Oro” la squadra del Napoli ha regolato la faccenda Lazio a modo suo, quel modo modellato da Spalletti e prima ancora da Sarri stesso.

La Lazio semplicemente era assente, non per colpa sua s’intende. Non riusciva a giocare, gli scambi, in ogni zona del campo, erano gestiti dal Napoli, superbo a centro campo ma eccellente in tutti i reparti. E’ mancato il goal di Insigne ma era prevedibile dal momento che ha corso in ogni zona del campo trascinandosi dietro gli avversari, aprendo varchi per i suoi compagni.

Mertens, il primo goleador, ha segnato con una semplicità magistrale, girando in porta un tiro che si è alzato e abbassato giusto il tempo di scavalcare il portiere Reina e infilarsi sotto il sette alla sua destra. Poi sono venuti gli altri goals splendidi che hanno mandato Spalletti in un brodo di giuggiole.

Il primo posto in classifica del Napoli suggella il lavoro della squadra e del suo allenatore, non più abituato ad arrivare secondo.

Da segnalare Stanislav Lobotka, giocatore che si è fatto trovare sempre giocabile, smarcato e ottima sponda per impostare o riprendere il gioco. In difesa l’instancabile Koulibaly e Di Lorenzo hanno smorzato agli avversari ogni velleità di tirare in porta.

Il San Paolo poi sembrava il Maracanà con la musica e le coreografie dedicate a Maradona. Ieri sera tutti, ad eccezione della Lazio, si sono sentiti in dovere di dare ai tifosi numerosi una prestazione straordinaria e così è stato.

La rinascita del SUD è cominciata?

Roma è morta

Non più ardore,

passi da gigante o

idee massime,

tutto è morto.

Forse Roma ha messo la pietra

definitiva; non un passero che sapeva raccontarti

il giorno, nè la volpe che, intricante tra gli anfratti,

guidava i piccoli;

non più canne, tutto è immobile,

ma per quanto?

Roma, 18 dicembre 2000

Sui social

Gara a chi la dice più grossa usando parole devastanti

Scopriamo che gran parte dei social, almeno quelli più in voga, tendono a tenere in piedi siti e profili che sparano a zero su tutto, apostrofando questo e quello, deridendo, minacciando, offendendo

pesantemente, in specie, se si tratta di donne che hanno l’unica colpa di aver messo la testa fuori di casa non accontentandosi del ruolo di ancella dell’uomo.

La ritrosia a bannare questi profili sembra discenda dal fatto incontestabile che proprio gli sproloqui più esasperanti generano maggiore traffico e discussioni con la conseguenza che la pubblicità, in virtù del principio pecunia non olet, vada alla ricerca è proprio dei post con maggiore affluenza di dibattito o di sostegno/opposizione.

La politica rincorre, senza dichiararlo, questi trend, utilizzando chiaramente un linguaggio meno violento ma dai toni certamente non pacati, forieri di venti di guerra. Per la verità su questa strada si stanno ponendo persino stimati filosofi malati di protagonismo televisivo. Sono in TV ergo sunt.

In questo quadro gli osservatori che ragionano, vale a dire i mass media classici come i giornali stampati o on-line, fanno fatica a raggiungere il cosiddetto “popolo”. Così si assiste ad una degenerazione generalizzata che può fare, a breve e medio termine, solo danni sulla convivenza civile.

Approndire significa perdere tempo, chi lo fa viene tacciato di supponenza, e i temi più delicati vengono trattati come normali argomenti di dibattito pubblico. E gli ascolti aumentano grazie al fatto che, ad esempio, i temi della nostra salute ci riguarda tutti.

Non ci meravigliamo però che l’asservimento di ogni cosa al dio denaro, generi i mostri che ogni tanto hanno l’onore della cronaca.

Ragazzini che si uccidono in diretta sui social, figli che uccidono i genitori per ottenere subito l’eredità, il crescere di un’ignoranza diffusa e il regresso sociale verso forme di violenza sempre più sofisticate grazi e all’uso di droghe e nuove sostanze chimiche.

Il culmine di queste tendenze è stato toccato ormai con i video di violenze sulle persone e sugli animali che vengono pubblicati quotidianamente e a nessuno, visto che raccolgono milioni di visualizzazioni, è venuta l’idea che occorrerebbe bannarli.

In nome di una libertà conquistata con enormi sacrifici dai nostri padri si dà la stura agli istinti più bestiali dell’uomo. E la chiamano civiltà: ma mi facciano il piacere.

L’Italia è la Barcaccia

Pietro Bernini (1626-1629)

Il padre del più famoso Gian Lorenzo Bernini si ispira ad una vasca a forma di barca che raccoglie l’acqua zampillante da due grandi soli a poppa e a prua e da un catino centrale.

L’ acqua tracima dai fianchi aperti della barca dando l’impressione che stia affondando e viene raccolta da un bacino sottostante dove confluiscono anche i getti di due bocche di finte cannoniere.

Vicino ai due getti i simboli dei Barberini, con le api.

Insomma una barca che affonda e non affonda. E questo suo finto affondare, un pò decadente e retrò, affascina i turisti di tutto il mondo.

Rappresenta bene l’Italia che laica e papalina insieme è data ogni volta per spacciata, in virtù dell’incapacità dei suoi gestori della cosa pubblica di sistemare le cose invece di dedicarsi ad accapigliarsi e spartirsi il potere.

Così si plaude alla cassazione di interventi normativi che cercavano di mettere ordine nel famoso terzo settore, popolato sicuramente da gente volenterosa ma in molti casi restia a mettere in chiaro i propri conti. Plauso che viene da figure politiche che nulla hanno chiarito dei propri conti e finanziamenti pubblici.

L’ Italia come la Barcaccia ha bisogno di quella vasca sottostante che raccoglie e aggiusta tutte le falle che la sovrastano. E questa vasca, ci piaccia o no, è l’Europa visto che il mondo anglo-sassone va per conto suo e, detto tra noi, non l’abbiamo mai compreso fino in fondo, in fatto e in diritto.

Ma ci sono persone italiane degne di menzione nell’opera di raccoglitori di acqua sprecata e fatta zampillare inutilmente.

In disparte il Presidente della Repubblica Mattarella, voglio segnalare il dottor Massimo Galli che a Milano brilla su uno sfondo di loschi figuri che richiamano alla mente quelli tratteggiati da Manzoni nei Promessi Sposi.

Pasta italiana: liscia è meglio

L’inchiesta di Report sulla pasta italiana. Liscia senz’altro.

Ringraziamo sempre Sigfrido Ranucci per il prezioso lavoro di scavo giornalistico che svolge.

Noi italiani scegliamo al 90% la pasta rigata.

Pensiamo che la pasta rigata sia più adatta a trattenere il sugo, e noi al sugo pensiamo quando affrontiamo un piatto di pasta.

La pasta liscia sarebbe in grado di farci gustare il sugo come quella rigata?

Vediamo.
Gli esperti (chef stellati e esperti del settore) sono unanimi nel ritenere la pasta liscia da preferire. Soprattutto per il processo di produzione. Infatti la pasta liscia viene trafilata in bronzo e tenuta ad essiccare per lungo tempo, per esempio, sfruttando la brezza marina che a Gragnano leva dopo mezzogiorno e invade la piazza principale del paese.

Liscia è buona

Invece la pasta rigata è trafilata al teflon ed essiccata velocemente.

Inoltre la pasta rigata presenta una difficoltà in più. Non tiene la cottura in modo uniforme.

Se la parte centrale è cotta, le righe esterne potrebbero necessitare di altro tempo di cottura e viceversa.

Un’altra questione messa in risalto dall’inchiesta è la provenienza dei grani.

Il grano italiano è sufficiente per appena 4 mesi di consumi italiani. Quindi i grandi marchi di pasta farebbero bene a specificare in etichetta la provenienza del grano. Infatti in Europa sono ancora proibiti gli OGM.

Infine ho cercato la pasta liscia nel supermercato francese sotto casa. Ebbene nemmeno una scatola.

Alzarsi la mattina …

Aria gelida che si fissa alle tempie. Invidio il pelo caldo di Bucky, il cane filosofo, ormai entrato a far parte a pieno titolo di questo blog.

In Italia si assiste quasi imbelli a questa seconda ondata di Coronavirus, meglio detto Covid-19.

Nonostante ci si affanni a spiegare, da parte dei virologi, che i decessi per coronavirus sono in precentuale pochi rispetto al numero dei decessi che ogni anno avvengono per altre cause (incidenti, infarti, tumori ecc.) si percepisce, nel sentire comune, l’impotenza di fronte ad un virus subdolo che utilizza l’aria e le persone come veicolo di trasmissione. E che sarebbe sufficiente una sanità pubblica più attrezzata per evitare centinaia di decessi.

Sappiamo chi ha voluto la regionalizzazione della sanità. In sostanza un carrozzone dove si nominano i cosiddetti manager delle ASL sulla base delle appartenenze politiche. La salute pubblica dico, quanto di più prezioso in una società.

Per cui regioni con poche risorse hanno subito un lento declino.

Le nemesi storica sembra accanirsi proprio dove il capitalismo provato o di stato ha avuto maggiore sviluppo. Il virus sembra ricordarci che siamo avviati verso la distruzione del pianeta terra, così meraviglioso.

Noi balliamo ancora sulla tolda del Titanic, sperando in un nocchiero che non dorma.

Ma forse stiamo già a qualche metro dall’iceberg che sconquasserà le camere stagne della nostra nave.

Soltanto Papa Bergoglio sembra percepire il momento, per lo più inascoltato.

Se ne è andato anche Maradona (riposi in pace) e Napoli scende in piazza ricordando i fasti del calcio giocato da questo fuoriclasse. Una pausa salutare nel grigiore delle statistiche sanitarie.